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STEPPE PEDEGARGANICHE: LIPU CRITICA L’ACCORDO TRA COMUNE DI MANFREDONIA E REGIONE PUGLIA PER RISOLVERE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE APERTA NEL 2004 DALL’UE

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“LE MISURE DI COMPENSAZIONE NON BASTERANNO A RISOLVERE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE SE NON VERRA’ FERMATA LA DISTRUZIONE DELL’HABITAT” 

“Le misure di compensazione non basteranno a risolvere la procedura d’infrazione se le istituzioni non fermeranno la distruzione dell’habitat tutelato dall’Unione Europea”. La LIPU-BirdLife Italia critica il protocollo d’intesa firmato oggi dalla Regione Puglia e dal Comune di Manfredonia che prevede la compensazione tra i 400 ettari di Zona di Protezione Speciale (ZPS) trasformata dalle attività produttive del Patto d’area di Manfredonia e un’area di 500 ettari a Sud del Lago Salso, con l’intento di risolvere la procedura d’infrazione aperta dalla Commissione Europea nel 2004 in seguito al ricorso LIPU del 2001 per la distruzione delle steppe pugliesi tra Foggia e Manfredonia.

La procedura d’infrazione, l’anno scorso, ha visto la condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia a causa delle continue violazioni alla Zona di protezione Speciale costituita dalle aree substeppiche più vaste della Puglia e dove vivono specie di uccelli rare quali la Gallina prataiola, l’Occhione, la Calandra, il Capovaccaio, l’Averla capirossa, la Monachella, il Calandro e la Calandrella. L’industrializzazione dell’area ha inoltre causato la distruzione di 400 ettari di specie vegetali importanti e imposto imponenti “spietramenti”, causa, appunto, della distruzione irreversibile dell’habitat steppico. Quasi un terzo dell’area infine, ossia 7mila su 30mila ettari di ZPS, è stato occupato da attività produttive, che hanno determinato la distruzione del 90% delle aree più pregiate dal punto di vista naturalistico.

<<Nel metodo, questo protocollo d’intesa – dichiara Claudio Celada, Direttore Area Conservazione LIPU – difetta della mancanza di dialogo tra società civile e istituzioni. Nei contenuti, ci auguriamo che venga seguito un metodo scientifico per la definizione delle misure di compensazione che, secondo noi, deve prevedere un monitoraggio delle specie di uccelli presenti ad oggi nell’area e la comprensione in profondità dei processi ecologici chiave che hanno effetti diretti su queste specie e sull’habitat. Ma non solo: si deve adottare, con tempi e modi ben definiti, dei provvedimenti in grado di riportare le popolazioni di queste specie nelle stesse condizioni che precedevano l’insediamento industriale>>.<<Inoltre – prosegue Celada – è necessario mettere a punto un sistema di valutazione per misurare il successo, ed eventualmente i potenziali effetti negativi, delle misure proposte, attraverso monitoraggi continui e seri>>.

Sul ruolo del Ministero dell’Ambiente, la LIPU auspica che venga giocato <<un ruolo di primo piano nella valutazione a monte del progetto, in modo da evitare che la Commissione europea arrivi a bocciare le misure adottate>>. <<Vigileremo affinché le misure proposte – conclude Celada – siano effettivamente quelle corrette dal punto di vista scientifico e rilevanti per le specie danneggiate, soprattutto considerato l’enorme rilevanza del sito in questione>>.

5 luglio 2006                                    Ufficio stampa     LIPU-BirdLife Italia

Parco del Gargano: l’invasione degli ecomostri

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La denuncia di Legambiente, LIPU e WWF

Le Associazioni ambientaliste denunciano l’ennesimo attacco al territorio garganico.

L’ultima colata di cemento sul Gargano è stata denunciata da Legambiente, LIPU e WWF al Corpo Forestale dello Stato. Si tratta della costruzione di edifici poco distanti dal mare davanti all’Hotel Gusmaj, in agro di Peschici, sulla litoranea Vieste – Peschici al km 14.600.

Per la realizzazione del nuovo complesso turistico risultano abbattute diverse piante autoctone, per lo più macchia mediterranea, in una preziosa zona costiera.

Dunque una nuova devastante opera che sottrae a tutti paesaggio, spazio e natura.

Anche se dovesse risultare che la nuova realizzazione abbia ricevuto tutte le autorizzazioni e, pertanto, sul piano formale, dovesse essere regolare, dotata di tutte le carte e i bolli, osservano le associazioni ambientaliste,   questo non esime dal gridare allo scandalo. Il turismo sul Gargano non può essere l’alibi per inondare di cemento ogni tratto libero e pregiato del territorio. Le amministrazioni devono riflettere se conviene continuare in questa politica di cementificazione selvaggia, o se non sia arrivato il momento di dare segnali diversi.

Il primo segnale le associazioni lo aspettano dal Parco nazionale del Gargano.

Legambiente, LIPU e WWF si chiedono, infatti, se il Parco debba continuare a dire di si a tutto o se sia giunto il momento di assumere un ruolo di garante rispetto alle politiche di gestione del territorio. Si  aspetta da tempo un primo segnale sul versante della lotta all’abusivismo edilizio, ma finora, dopo le promesse e i trionfalistici proclami, i fatti non sono arrivati, nonostante da anni il Parco abbia in cassa il denaro per procedere agli abbattimenti.

Il Gargano, evidenziano ancora Legambiente, LIPU e WWF, è ormai diventato il regno dell’abusivismo edilizio con un consumo selvaggio, rovinoso ed inarrestabile del territorio sempre più sommerso dalla lebbra cementizia. Manca ogni forma di controllo e si edifica senza regole. Lo stesso ministro dell’ambiente Matteoli, nel convegno “Ambiente e legalità”, organizzato nel luglio dell’anno scorso nel Parco del Vesuvio, ha confermato che il Gargano è fra i parchi del meridione a più alto tasso d’abusivismo edilizio.

In questa situazione appare un Parco Nazionale che non dispone controlli, anzi, che continua a rilasciare nulla osta e pareri favorevoli sulla costruzione di nuovi immobili e non da il via all’abbattimento di tanti ecomostri, ad iniziare dalle villette abusive di Torre Mileto che non possono usufruire di nessun condono.

Eppure nella definizione che un dizionario fornisce di “Parchi e riserve naturali” si legge: ”Territori tutelati per impedire che siano alterati, se non distrutti, da scelte speculative”.

“L’Ente Parco dispone da qualche anno di 500 mila euro, concessi dal Ministero dell’Ambiente per gli abbattimenti delle costruzioni abusive, ancora utilizzati nonostante le ripetute sollecitazioni delle associazioni ambientaliste. Il fatto che non si riesca a procedere su questa partita e che il Piano del Parco non riesca ad essere adottato definitivamente, ci restituisce lo scenario di una dirigenza succube delle dinamiche di potere locale, incapace di dare un segnale di cambiamento. Il presidente Gatta dovrebbe ispirarsi al suo compagno di partito Amilcare Troiano, Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio che ha messo in atto una procedura che si sta dimostrando efficace, in pieno territorio della camorra, con 32 manufatti abusivi demoliti, e altri 2 in procinto di abbattimento, e 30.000 metri cubi rasi al suolo”.

Ma, osservano Legambiente, LIPU e WWF, le carenze dell’attuale presidenza Gatta non riguardano solo la lotta alla cementificazione selvaggia. L’amministrazione del Parco appare inadeguata su altre fondamentali questioni: dove è il Piano del Parco? Dove sono le iniziative volte al rilancio dell’economia agricola e zootecnica? E la promozione turistica?

Foggia, 10/05/06

Legambiente – Coordinamento Gargano

LIPU – Sez. prov.le di Foggia

WWF – Sezione Puglia

OFANTO : I DISASTRI PROGRAMMATI DALL’UOMO RISPETTANO L’APPUNTAMENTO

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Puntuale! Puntualissimo! L’Ofanto ha rispettato l’appuntamento con il rischio idraulico programmato dall’uomo. E ancora una volta, l’ennesima, LIPU e WWF denunciano le cause che contribuiscono in maniera determinante a generare le esondazioni del fiume.

Le Associazioni si riferiscono, in particolare, alle cure a base di cemento e alle gabbionate a cui è stato sottoposto e che non fanno altro che aggravare in maniera esponenziale il rischio idraulico.

Lavori che sono costati somme ingenti di denaro pubblico ma realizzati secondo metodologie stigmatizzate da esperti del settore e che sono inutili, se non pericolosamente deleteri, perché, tra l’altro, costringono il fiume ad un alveo che non è il suo, esasperando la velocità della piena che non potrà che ripercuotersi pesantemente più a valle secondo un copione consolidato !!

Altro aspetto, evidenziano LIPU e WWF, è l’eccessiva vicinanza di strutture e fabbricati al corso d’acqua. A chi, infatti, ha osservato l’esondazione dell’Ofanto all’altezza della superstrada Foggia – Potenza non saranno sfuggite alcune chiare evidenze. E cioè che il parcheggio (come la stessa area di servizio) interessato dalla piena doveva essere realizzato non di certo ad una distanza così risibile dal fiume. Ancor più ci si deve meravigliare che faccia notizia l’allagamento delle infrastrutture al servizio della cava presenti praticamente a ridosso del corso d’acqua!

In occasione dei brutali lavori di sbancamento in alveo e di “risistemazione” idraulica realizzati appena a monte (circa 2 Km) dell’area interessata dalla piena di questi giorni, facendo tabula rasa di un tratto prezioso d’ecosistema, a danno di habitat cosiddetti “prioritari” per la Comunità europea (SIC – Sito d’Importanza Comunitaria), LIPU e WWF avevano inoltrato lo scorso anno vari esposti al Corpo Forestale dello Stato, ai Carabinieri del Comando Tutela Ambientale e al Ministero Ambiente. In una di queste si leggeva: “A complemento si vuole precisare come lavori di questo tipo sono universalmente riconosciuti come inutili dal mondo tecnico-scientifico mentre sarebbe invece opportuno agire sull’ampliamento esterno dell’alveo e delle aree di espansione secondo tecniche innovative e non invasive e distruttive sull’alveo, come quelle nel caso in esame, obsolete e attuate con drastica eliminazione della vegetazione, che non fanno altro che aggravare il rischio idraulico e le conseguenze determinate da un aumento delle capacità di erosione sulle sponde esposte all’erosione”.

E quegli sbancamenti si aggiungono ancora ad ulteriori, opinabili interventi a 6 km realizzati alcuni anni or sono a monte del punto di esondazione che oggi fa notizia.

La stessa traversa “S. Venere” devia le acque all’altezza dello scalo ferroviario di Rocchetta S. Antonio verso gli invasi di accumulo senza alcun piano di gestione del bacino dell’Ofanto. Risultato: a valle di tale opera da tempo manca un deflusso programmato che permetta il mantenimento del corso d’acqua in estate e la simulazione delle piene. Queste azioni avrebbero contribuito a mantenere un alveo più largo ed equilibrato rispetto alla vegetazione.

Non potrà, infatti, sfuggire al ricordo dei meno giovani le grandi anse ciottolose, vere e proprie spiagge, che caratterizzavano l’Ofanto quando questi era “autoregolato” dalle portate invernali, oggi scomparse per effetto della traversa menzionata e per lo strozzamento determinato da cause antropiche.

In definitiva, per LIPU e WWF, le pertinenze idrauliche di un fiume, la sua ecologia, la sua dinamica sono fattori lasciati troppo spesso all’improvvisazione se non proprio riferiti unicamente alle logiche economiche e degli appalti. Aspetti che, piuttosto, dovrebbero essere affrontati in chiave multidisciplinare e non di certo con cure a base di cemento e gabbionate.

Con rammarico le sezioni LIPU e WWF di Capitanata e del Potentino rimandano ad uno dei  prossimi appuntamenti con la “notizia”. Quella della futura esondazione del torrente Cervaro all’altezza del ponte sulla SP 73 (Foggia – via del Mare), dove sarebbe importante programmare la realizzazione di un ponte a campata più ampia, per evitare che in caso di piena i piloni dell’attuale ponte accumulino detriti e facciano da diga. Benché questo si sia già verificato qualche anno fa, la soluzione “comoda” è stata invece quella di eliminare drasticamente la vegetazione ripariale.

Foggia, 27.03.06 

L I P U  – Sezioni di Capitanata e del Potentino

W W F  –  Sezioni di Capitanata  e del Vulture

Alluvioni ed esondazioni: i fiumi di Capitanata e le loro colpe presunte

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Nella “sitibunda Apulia” di storica memoria, sembra che, al giorno d’oggi, in occasione di ogni pioggia di una certa consistenza, il residuo di quei corsi idrici che scendono sinuosi verso l’Adriatico dai Monti Dauni, si scateni con infernale violenza a colpire territori, allagandoli e distruggendo raccolti e speranze.

La colpa viene immediatamente addebitata al Fortore, Cervaro, Candelaro, Celone, Carapelle, ovvero a quei corsi d’acqua che in altre stagioni dell’anno sono poco più che dei canali infossati, utili solo alla sistemazione di motopompe abusive che succhiano la loro vita, e con essa, anche quella di un intero sistema ecologico della pianura del Tavoliere, per la crescita di piante in campi che forniscono solo l’esempio di quanto miope sia lo sfruttamento delle risorse del territorio da parte dell’uomo.

Allora di chi è la colpa del dissesto, delle alluvioni, delle lamentele e della perdita della speranza? Dell’uomo o del fiume?

In questi giorni come in altre occasioni simili, riunioni e concertazione di azione sull’onda di quello che sembra un disastro della natura cattiva e matrigna, non tengono conto delle istanze delle Associazioni ambientaliste che da tempo sono impegnate non per andare contro le giuste lamentele di coloro che subiscono i danni, ma per programmare e definire nuovi piani in un’ottica diversa di sviluppo ecosostenibile in accordo con i programmi internazionali che vedono il nostro territorio e i suoi principali attori economici come dei dinosauri destinati ad estinguersi per il loro vetusto attaccamento a principi che non sono più quelli di oggi.

Allora sarebbe bene che il nuovo Prefetto e gli Amministratori accolgano l’istanza delle Associazioni Ambientaliste, per avere un tavolo multidisciplinare con un attore in più per le scelte che si vanno a fare nella pianificazione delle azioni che si intende condurre e che da diversi giorni si ascolta e si legge dai mezzi di comunicazione.

Dovrebbe, Sua Eccellenza, ascoltare cosa hanno da dire chi, senza interessi economici da difendere, guarda al futuro della nostra terra con occhi diversi senza tralasciare le esigenze economiche degli operatori agricoli.

Come ad esempio il Consorzio di Bonifica della Capitanata che per decenni ha sprecato risorse demolendo gli aspetti naturali dei nostri fiumi, in una direzione che poi si è rivelata puntualmente opposta alle esigenze della “sicurezza” del territorio o in favore di un’agricoltura troppo intensiva, che già dimostra i propri limiti come nelle recenti crisi del pomodoro, dell’uva, etc.

E non è da meno la Provincia di Foggia, il cui Presidente si lancia in politiche “battistrada” allo stesso Consorzio, caldeggiando, in sfregio a qualunque concertazione da lui stesso auspicata in altre comode occasioni, la seconda diga sul Fortore, tanto eccezionalmente costosa quanto inutile per la collettività e per gli stessi agricoltori.

Il momento per un cambiamento è improcrastinabile e la direzione da prendere affinché avvenimenti come quelli dei giorni scorsi non accadano è una sola: il ripristino ambientale, che potrà aiutare a vivere meglio in un territorio di nuove opportunità anche per coloro che oggi lamentano il mancato raccolto.

Un ripristino ambientale che non contrasta con le esigenze economiche, anzi le favorisce, e che se programmato a dovere, potrà far rinascere la speranza di una terra.

Un ripristino che parla di fasce di rispetto ma anche di ripristino della legalità (alvei e demani occupati illegalmente), di casse di espansione, di rinaturalizzazione di quegli alvei che, costretti pericolosamente dall’uomo in poco (troppo poco) spazio, non possono che esondare alla prima pioggia come una bomba programmata.

Un ripristino del minimo deflusso idrico vitale e di politiche tese ad evitare sprechi di risorse (naturali ed economiche) che sull’onda del momento agricoltori e consorzi propongono, di intelligenza nelle scelte verso l’utilizzo di sistemi finanziari comunitari europei voluti per fare ciò che noi speriamo.

Un ripristino della speranza che al prossimo tavolo di concertazione ci sia anche la voce di chi scrive per contrapporre dati SCIENTIFICI a supporto delle nostre idee e di politiche integrate per la rinascita della Capitanata.

Foggia, 09 marzo 2006

Legambiente                               LIPU                                           WWF

Sezioni della Capitanata

Inutile, dannosa, dispendiosa: N O alla seconda diga sul Fortore !

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La seconda diga sul fiume Fortore (quello che ne resta) in loc. Piana dei Limiti sarà inutile, dannosa, dispendiosa.

Il giudizio delle Associazioni ambientaliste Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Università Verde, VAS e WWF della Capitanata, confortato e dimostrabile con argomentazioni oggettive, è senza appello ed è peraltro condiviso dalle Amministrazioni locali interessate che vi si oppongono.

Il Ministero Ambiente, che nel lontano 1993 aveva emesso la pronuncia di compatibilità ambientale positiva per la Valutazione di Impatto Ambientale, a seguito di una intensa corrispondenza con gli Ambientalisti ha evidenziato l’obbligo di una nuova V.I.A. comprensiva di Valutazione di Incidenza ai sensi delle direttive Habitat e Uccelli, aggiornata allo scenario ambientale, sociale, amministrativo e normativo.

Un passaggio doveroso al quale gli ambientalisti predisporranno le opportune osservazioni al progetto per dimostrare quanto siano insormontabili i fattori da superare e quindi l’inopportunità dell’opera.

Per chiare mire elettoralistiche una delibera del CIPE di oltre un anno fa prevede la disponibilità di somme ingenti per il progetto in questione o meglio per aprire i cantieri e cosi esporre ulteriormente i finanziamenti a un colossale spreco di denaro pubblico, visto che si tratta di somme pari a ¼  o 1/3 dell’ammontare complessivo finanziario per realizzare lo sbarramento !!

Appaiono quindi gravi le affermazioni del Presidente della Provincia Stallone che ha rassicurato pubblicamente su tempi e iter del progetto. Affermazioni inopportune che le Associazioni intendono verificare immediatamente con un incontro urgente con lo stesso Presidente e la commissione Ambiente della Provincia.

Questa vicenda denota, ancora una volta, un grave ritardo culturale di politici ed Enti pubblici nell’affrontare la pianificazione dell’utilizzo delle risorse, secondo logiche stantie e poco rispondenti alle reali emergenze ambientali.

Lo stesso progetto di Piana dei Limiti è nato su una istruttoria sviluppata negli anni ottanta e parte integrante del vetusto Piano Acque risalente al dopo guerra, a tutt’oggi promosso dal Consorzio di Bonifica.

Un Ente la cui classe dirigente si dimostra incapace di modernizzare gli interventi alla luce delle emergenze ambientali odierne e che rimane arroccato su programmi e atteggiamenti preistorici. Come conferma la risposta diramata al commento degli ambientalisti sul recente incontro presso la prefettura circa la prevenzione delle inondazioni sul bacino del Fortore: in sostanza il Consorzio risponde altro, facendo finta di non capire l’appunto sulle conseguenze gestionali del bacino (compreso la diga di Occhito) mosse da ambientalisti ma anche da esperti super partes!

Le argomentazioni a conforto del progetto, proprio per l’inconsistenza delle stesse, sono divenute via via aleatorie nel corso dell’ultimo decennio:

–          accumulerà risorse idriche eccedenti dalla diga di Occhito: Falso! La stessa diga di Occhito, pur gestita senza il rispetto di un piano preciso che preveda il deflusso minimo vitale, solo eccezionalmente ha potuto raggiungere la capienza massima evidenziando un cronico deficit di potenzialità di accumulo.

–          accumulerà risorse idriche del bacino intermedio tra Occhito e la stessa Piana dei Limiti: Falso! Se solo dovesse essere rispettato il deflusso minimo vitale previsto dalle vigenti normative, stenterebbe anch’essa ad accumulare acqua con i soli afflussi torrentizi sbarrati.

–          accumulerà risorse derivate da altri bacini del Molise: Falso! La stessa diga assorbirà per tempi biblici proprio fiumi di denaro che non potranno cosi essere invece investiti in condotte per derivare le acque da altre regioni nella deficitaria diga di Occhito. ….E anche inutile! La capacità di accumulo di Piana dei Limiti è trascurabile rispetto al deficit della diga di Occhito e rispetto ai volumi stoccabili negli invasi di oltre regione che potrebbero quindi essere ottimizzati allo scopo.

–          Accumulerà momentaneamente le acque per tenere vuota la diga di Occhito ed effettuare manutenzione e rimozione dell’interrimento in essa accumulato. Falso! Stigmatizzando la mancata promozione e attivazione di questo intervento quando la diga di Occhito era quasi vuota per effetto della siccità negli anni passati e si sarebbe prestata per tali interventi, gli ambientalisti evidenziano che si tratta di azioni programmabili anch’esse assicurando l’approvvigionamento idrico con le interconnessioni di cui prima, opportunamente realizzate per contemplare anche queste necessità.

Quanto accennato rappresenta solo una parte risibile dei danni che tale devastante progetto comporta.

Ma allora, si chiedono le Associazioni Ambientaliste di Capitanata, a cosa serve questa diga?

A sbarrare fiumi di acque che non esistono o a derivare fiumi di denaro per gli appalti dalle tasche dei contribuenti?

A risollevare le sorti dell’agricoltura o a prendere per i fondelli gli agricoltori che invocano interventi ben più seri e articolati?

Foggia, 13.12.2005

Italia Nostra – Legambiente – LIPU – Università Verde – VAS – WWF