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STEPPE PEDEGARGANICHE: l’europarlamentare Frassoni ha presentato un’interrogazione alla Commissione UE

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E’ DAL 2001 CHE LA LIPU DENUNCIA CONTINUE VIOLAZIONI ALLE DIRETTIVE EUROPEE

L’europarlamentare verde Monica Frassoni ha presentato ieri un’interrogazione scritta alla Commissione europea dove chiede di sapere “quali azioni ha intrapreso la Commissione per fermare le violazioni delle Direttive comunitarie” nella ZPS (Zona di Protezione Speciale) “Valloni e steppe pedegarganiche”, situata nella Regione Puglia (1). L’interrogazione segue di due anni la denuncia che la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) presentò alla Commissione stessa, appunto nel 2001, e che evidenziava la violazione delle direttive comunitarie “Habitat” 92/43 e “Uccelli” 79/409 legate al Patto d’area di Manfredonia (2). <<Il Patto – scrive l’europarlamentare Frassoniminaccia infatti la ZPS con una serie di interventi soprattutto di industrializzazione: stabilimenti produttivi, un impianto di gasificazione, un centro commerciale, il luna park “Magic Land”, alberghi, viabilità e parcheggi>>. Altri interventi di conversione agricola hanno inoltre convertito i pascoli aridi, distruggendoli, in piantagioni di fico d’India.
L’area è molto importante dal punto di vista della biodiversità, in quanto ospita l’ultima popolazione di Gallina Prataiola dell’Italia continentale e inoltre la maggiore colonia pugliese di pipistrelli. Il sito è stato inoltre identificato come IBA (Important Bird Areas) dal progetto internazionale di BirdLife International del quale, per l’Italia, si è occupata la LIPU. <<La mancata applicazione delle Direttive europee – afferma Ariel Brunner, responsabile IBA e Rete Natura 2000 della LIPUsta minacciando la sopravvivenza di habitat e specie di rilevanza comunitaria. Nonostante le nostre denunce, la sistematica distruzione delle steppe pedegarganiche sta procedendo indisturbata. La nostra speranza è quella di riuscire a fare applicare le leggi prima che il sito vada definitivamente perduto>> I lavori portati avanti con il Patto d’Area di Manfredonia minacciano 30 specie di uccelli (di cui 3 prioritarie), tutte incluse nell’allegato 1 della Direttiva “Uccelli”, e inoltre 8 specie di mammiferi, 2 specie di rettili (di cui 1 prioritaria), 1 specie prioritaria di anfibio, 1 prioritaria di pesce, 1 prioritaria di invertebrato e 1 prioritaria di pianta, tutti inclusi nell’allegato 1 della Direttiva “Habitat”.
Dopo la denuncia LIPU del 2001, a nulla è servito un tavolo tecnico convocato dal ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio nel mese di Giugno di quell’anno, e che da allora non si è più riunito. Grave anche il ritardo con cui il Comune di Manfredonia ha commissionato la Valutazione d’Impatto Ambientale, ormai a opere già avviate, senza che, tra l’altro, la documentazione fosse messa a disposizione delle associazioni ambientaliste e del tavolo tecnico. Senza contare che il Governo ha continuato a finanziare altre costruzioni all’interno del patto d’Area, senza prevedere alcuna misura di compensazione.
L’interrogazione dell’europarlamentare evidenzia inoltre come l’area in questione abbia usufruito di un finanziamento LIFE dell’Unione europea nel quadro del progetto “Azioni urgenti per la protezione dei siti Natura 2000 nel Parco Nazionale del Gargano” tendente a conservare le steppe e inoltre che la Regione Puglia beneficia di fondi strutturali Ue destinati alle Regioni a Obiettivo 1 (regioni svantaggiate). <<Ci troviamo di fronte – conclude Brunner della LIPUalla situazione paradossale in cui si utilizzano finanziamenti europei per la tutela di un sito protetto e allo stesso tempo lo si distrugge in totale violazione delle stesse direttive europee>>.

(1) Questa ZPS ha codice IT9110008
(2) Denuncia n. 2001/4156SG (2001) A/2150

Ufficio Stampa LIPU – Birdlife Italia, 6 febbraio 2003

Eolico sui Monti Dauni: LIPU e CNP rendono la fotografia dell’anarchia

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Sulla scia della conferenza pubblica tenuta dalla LIPU e dal Comitato Nazionale del Paesaggio in Monte S. Angelo sulla problematica legata all’impatto delle centrali eoliche, desta forte preoccupazione la disinvoltura con cui alcuni amministratori e giornalisti affrontano la questione, incuranti delle conseguenze permanenti causate da questo genere di impianti industriali.

Di buona parte del sub appennino dauno, dopo le installazioni selvagge di centrali eoliche, non sono rimasti che brandelli di territorio. Tutto questo con una modifica pesante e pressoché permanente non solo dei luoghi ma anche delle identità sociali e culturali locali che sono, con il territorio stesso, la componente primaria per l’unico sviluppo a cui sono vocate queste aree: quello legato al turismo di qualità (naturalistico, storico, culturale, ecc) tipico di queste zone. Giorno dopo giorno questa vocazione viene pesantemente condizionata in sfregio alle più elementari regole di programmazione, di pianificazione e di valutazione ambientale. E in molti casi si richiamano gli introiti (discutibili) derivanti per i comuni che accolgono questi impianti. Basandosi su queste argomentazioni, piuttosto che fare informazione, si promuove la “svendita” del territorio.

Di fronte a questa vera e propria anarchia la LIPU e il CNP (Comitato Nazionale del Paesaggio) chiedono una moratoria immediata sull’installazione delle centrali eoliche, affinché non siano portati ulteriormente a compimento altri scempi ambientali e paesaggistici, in assenza del rispetto della pianificazione territoriale. In tale ottica si rendono disponibili ad incontrare i cittadini, amministratori e i comitati locali che volessero approfondire tale questione ormai sempre più identificabile in una dinamica affaristica.

L’energia eolica va inquadrata e riportata alle suo vero identikit:

1) Sono già avvenute gravissime perdite di aree naturali e di paesaggio a causa dell’eolico. Se anche si riuscisse a giungere ad installare soltanto 5000 MW con 7000/8000 (!!!) torri si coprirà il 3,3% del fabbisogno di energia elettrica, corrispondente, si badi bene, all’1,1% del consumo totale di petrolio e combustibili fossili in Italia (che concorrono all’effetto serra). Una percentuale che viene fagocitata tranquillamente dall’aumento annuo del consumo complessivo di combustibili fossili (2,5%). Infatti quello che concorre per 2/3 (!) al consumo dei combustibili fossili sono i trasporti (1/3), il riscaldamento domestico e le produzioni industriali. 1/3 è generato dalla produzione di energia elettrica.

2) A marzo di quest’anno le richieste di connessione alla rete di trasmissione nazionale erano già insostenibili: 518 nel complesso (di cui ben 91 centrali per la preziosa Sardegna (corrispondenti a un numero fra 1000 e 2700 torri eoliche). 35 per la Puglia, 36 per la Campania. 45 in Basilicata. 63 in Calabria. 75 in Sicilia. A queste (per il momento) vanno aggiunti gli impianti già esistenti. E ancor più grave, stiamo parlando di centrali oltre i 10 MW. Al di sotto di questa soglia nessun ente territoriale ha previsioni e spuntano centrali secondo accordi siglati (incredibile ma vero!!!!) unicamente con il mercanteggiamento tra società dell’eolico e amministrazioni comunali.

3) I siti interessati: sono quelli più preziosi dal punto di vista paesaggistico e ambientale. Non sono stati risparmiati neanche Siti di Importanza Comunitaria (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS), IBA (Important Bird Areas), arrivando a proposte del tutto oscene come per le coste del Salento o per la Murgia o il Gargano e le aree protette in genere.

4) Gli aereogeneratori producono energia apprezzabile in termini economici solo quanto il vento è compreso tra i 5 e i 20-25 m/sec di velocità. In Italia le ore utili in un anno per questa esigenza ammontano mediamente a circa 2000 ore annue mentre nel nord europa ad oltre 6000. Una torre eolica è alta mediamente 75 m. ma sono in dirittura d’arrivo torri alte complessivamente fino 107 m. (un edificio da 25 piani) e potrebbero esserne installate anche da 140m (più della cupola di S.Pietro in Roma). Ogni centrale necessita di strade adeguatamente ampie costruite per portare i materiali in quota con i TIR. Ogni torre ha bisogno di enormi fondamenta in cemento con pesi complessivi di centinaia di tonnellate che ben difficilmente si potrà rimuovere. E quindi di cabine di trasformazione, elettrodotti, ecc.. Tutto questo ha bisogno di materie prime attraverso cave di inerti ed altre conseguenze indirette. Le imprese impegnate in queste opere industriali hanno capitali sociali da poche 10ine di milioni di …. vecchie lire!!! Quindi i rischi in caso di danno ambientale sono praticamente pari a zero.

5) Grazie ad un distorto sistema di incentivi (i cosidetti certificati verdi, commerciabili anche in borsa) per le energie rinnovabili, l’eolico è diventato un affarone per le imprese e per i comuni (che rischiano di svendere il proprio territorio in cambio di briciole) facendo man bassa di quelli che invece potrebbero essere incentivi anche per le altre forme di energia, ancora meno sviluppate ma molto meno impattanti, come il solare fotovoltaico. Proprio il solare che, paradossalmente, nel sud italia non trova ancora una sponda di sviluppo come invece è accaduto nella meno soleggiata Germania. E quale sviluppo potrà mai avere il risparmio energetico con simili incentivi per i quali è più vantaggioso produrre piuttosto che risparmiare?  E quando termineranno gli incentivi o vi saranno forme di produzione energetica più conveniente (come ritiene necessario il premio nobel Rubia)? Nessuna fidejussione, nessuna clausula. Cimiteri di pale eoliche rimarranno a memoria dell’incapacità umana. E del resto è obiettivamente anche problematico bonificare un area disseminata da basamenti di cemento.

6) L’eolico porta lavoro (!). Solo nella fase della realizzazione, poi è assolutamente insignificante. In compenso ha reso grazie a diversi Sindaci ed Assessori, spesso diventati parte integrante dell’amministrazione del locale parco eolico. Anzi, chi sul territorio aveva le vere attività ecocompatibili (agriturismo, ecc) ha dovuto subire inerme. Infatti non va trascurata la decadenza del valore immobiliare dei terreni e delle abitazioni presenti nei comprensori interessati.

7) Valutazione Impatto Ambientale Strategica (per valutare gli impatti cumulativi) inesistente; P.E.R. (Piano Energetico Regionale) non ancora redatto; Valutazione di incidenza (per le aree di interesse comunitario) non sono minimamente prese in considerazione; cambi di destinazione d’uso urbanistico, da agricolo ad industriale, adottati nel giro di qualche settimana. I vari vincoli ambientali rapidamente superati

Ecco il potere degli incentivi “verdi” sull’eolico: grandi affari nella massima anarchia.                                                                                      Foggia, 14 ott 2002

LIPU – Sezione prov.le Foggia 

CNP – Comitato Nazionale del Paesaggio

Gargano, eolico: il prossimo 20 settembre conferenza stampa di LIPU e CNP

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Il Comitato Nazionale del Paesaggio – CNP e la LIPU Sez. prov.le di Foggia organizzano, il giorno 20 settembre p.v. in Monte S. Angelo (Fg), alle ore 11.00 presso la Sala Conferenze della Comunità Montana del Gargano in via S.Antonio Abate, una Conferenza pubblica per informare e sensibilizzare opinione pubblica e amministratori sulla energia eolica e i risvolti legati all’insediamento di queste centrali, con riferimento alla realtà locale della Puglia e alle Aree protette.

In particolare il CNP presenterà la questione eolica in Italia con l’ausilio di video e documenti.

 

Sono invitati cittadini e organi di informazione, Sindaci e partiti politici, Assessori e uffici competenti, Presidenti di Comunità Montana del Gargano e dell’Ente Parco Nazionale del Gargano, Associazioni ambientaliste e di categoria.

 

Tra i relatori vi sarà il Presidente del Comitato Nazionale del Paesaggio Ripa di Meana.

 

Per l’evidente interesse e importanza che l’argomento riveste per la gestione del territorio e delle popolazioni che lo abitano sarà estremamente gradita la presenza di amministratori e politici.

Foggia, 07.09.2002          LIPU sezione prov.le Foggia- CNP segret. nazionale