Eolico. Cancellare il regolamento? NO grazie. Semmai urge integrarlo

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Netta e non negoziabile, la posizione assunta dalla LIPU in seguito alla infelice richiesta di ANEV, APER e Legambiente di sospendere il Regolamento Regionale appena emanato in materia di impianti eolici.

In particolare la richiesta nasce a causa dell’introduzione dei PRIE (Piani regolatori per gli Impianti Eolici), obbligatori, fra 6 mesi, per i comuni che intendessero ospitare centrali eoliche industriali. PRIE per altro già contestati aggressivamente da Confindustria. L’industria eolica chiede la cancellazionei tale obbligo senza mezzi termini.

La LIPU evidenzia come un “piano regolatore” dedicato (il PRIE appunto) sia fondamentale per prevenire almeno le gravi speculazioni e ingiustizie sociali a cui l’eolico ci ha abituato, con l’arricchimento di pochi e il danno per molti in assenza di misure di perequazione.

La LIPU non esprime certo grande soddisfazione per i contenuti del Regolamento in questione, perchè non arriva ad abbracciare questioni assolutamente fondamentali e mette a rischio di degrado le residue situazioni ambientali di pregio con elevate possibilità di incassare una ennesima, scontata e costosa procedura di infrazione comunitaria.

Non di meno appaiono ancora poco accessibili e trasparenti i procedimenti di valutazione previsti.

Ma proprio per questo appare inappropriata e pretestuosa l’istanza di rimuovere l’unico, minimale strumento di verifica e pianificazione preliminare, il PRIE.

Spiace poi constatare che una grande associazione come Legambiente pur mossa dall’intenzione di “tutelare il paesaggio”, chieda l’eliminazione del PRIE invece di ben più urgenti integrazioni.

Il Coordinamento regionale delle Sezioni pugliesi della LIPU chiede con urgenza al Presidente Vendola e alla sua Giunta pari dignità rispetto alle istanze mosse dai colossi industriali, preoccupati di ricavare centinaia di milioni di euro disponibili e fluttuanti nel vento di Puglia.

La LIPU, evidenziando le conseguenze di una potenziale procedura di infrazione per il degrado di aree sensibili, chiede urgentemente che il regolamento mantenga i PRIE e che :

–          Sia cancellata la norma  transitoria che esclude i progetti presentati prima dello stesso Regolamento;

–          Sia integrata la tutela delle aree IBA (Important Birds Areas) giuridicamente equiparate alle ZPS dalla Comunità Europea, la tutela delle fasce costiere ancora integre e la tutela delle altre zone strategiche per la biodiversità.

–          Sia aumentata la distanza di rispetto dalle aree (a vario titolo) tutelate, oggi assolutamente inadeguata a proteggerne i valori e le peculiarità;

–          Sia meglio garantita la possibilità di accesso, informazione e di “osservazione” ai progetti da parte della società civile e dell’associazionismo.

Richieste minime, queste, che sono confortate in maniera inoppugnabile da supporto scientifico e dallo spirito internazionale delle normative di valutazione ambientale…. ma senza negoziare i PRIE !

Richieste già avanzate nell’ambito di più corpose “Osservazioni” alla bozza del Piano Energetico Regionale, redatte e concertate tra Comitati e Associazioni che in varie parti della Puglia hanno sperimentato cosa significa l’aggressione delle società energetiche sul territorio in assenza di regole precise.

E’ ormai chiaro, il “nuovo” eolico non intende farsi carico del deprecabile consuntivo che la Puglia purtroppo già vanta: centinaia e centinaia di torri eoliche escluse dalla V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale), agricoltori a tu per tu con mega impianti industriali occultati fino all’ultimo, SIC (Siti di Importanza Comunitaria) profanati e assediati, Parchi Regionali abortiti.

In fondo si chiede che, di questo fenomeno, si evitino almeno le aberrazioni !

 Foggia, 24 luglio 2006               LIPU  Coord. Regionale Puglia

La Diga di Piana dei Limiti, inutile, dispendiosa e deleteria.

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 Improvvisazione e timore di confrontarsi delle istituzioni

Grave e intollerabile! E’ il giudizio espresso da Italia Nostra, Legambiente, LIPU, VAS e WWF di Capitanata, a margine del confronto promosso dall’Assessore Regionale alle Opere Pubbliche, Onofrio Introna, lunedì scorso per “procedere all’approfondimento congiunto delle tematiche e degli adempimenti afferenti l’avvio del procedimento di realizzazione dell’invaso artificiale”.

Gli ambientalisti stigmatizzano per intanto il grado di improvvisazione dell’incontro, a cui è stata invitata l’Autorità di Bacino della Puglia che non ha alcuna competenza sul fiume Fortore, piuttosto che l’Autorità di Bacino Molisana. Se queste sono le premesse e l’approccio di un Assessorato Regionale alle Opere Pubbliche su un progetto di grande portata come quello della Diga in questione….

L’incontro in questione non è altro che un estremo tentativo di rincorrere succulenti finanziamenti appannaggio di chi dovrebbe realizzare l’opera, ovvero il Consorzio di Bonifica della Capitanata.

Una iniziativa che si presenta inaccettabile se si entra nel merito dell’opera, per la quale gli ambientalisti ne hanno più volte dimostrato, senza timore di smentita, lo spreco di risorse finanziarie (costerebbe tra i 500 e i 600 miliardi di vecchie lire), le pesanti ripercussioni sul piano ambientale e l’inutilità per tutti, a cominciare dal mondo agricolo.

Anche nel metodo l’iniziativa appare concertativa solo con chi si vuole “battistrada” al tavolo del confronto, marginalizzando evidentemente pezzi di società civile che, non avendo alcun interesse economico in ballo, possono far valere questioni serie e obiettive, fondate sul piano scientifico e inoppugnabili.

E’ evidente, a questo punto, come le istituzioni abbiano “paura” di un confronto con gli ambientalisti, confronto più volte bypassato, rispetto al quale mancherebbero di controargomentazioni !

Una critica pesante nei confronti dell’Assessore Regionale, che già in passato era stata replicata dagli stessi ambientalisti nei confronti del Presidente della Provincia di Foggia, Carmine Stallone, che ben si è guardato dall’accogliere la richiesta di incontro sull’argomento formulata fin dal gennaio scorso, anch’egli consapevole di non poter argomentare sullo sbarramento che dovrebbe intercettare …. finanziamenti pubblici.

Ovvero finanziamenti rinvenienti dalle tasche di tutti i contribuenti e che sarebbe doveroso impegnare seriamente verso iniziative non fini a se stesse e ormai vetuste ma che affrontino seriamente le questioni di un serio utilizzo delle risorse idriche e di un approvvigionamento, là dove ce ne fosse ulteriore bisogno, assicurato con interconnessioni ad altri bacini idrografici.

Italia Nostra, Legambiente, LIPU, VAS e WWF della Capitanata nel deplorare la condotta dell’Assessore Regionale alle Opere Pubbliche e del Presidente della Provincia di Foggia, chiedono un incontro al Governatore della Puglia Vendola, allo scopo di rappresentare le proprie posizioni sulla diga sbarra – soldi !

Italia Nostra                  Legambiente             LIPU               VAS                WWF

Foggia, 21.07.2006

Eolico. Regolamento regionale: l’aggressività di Confindustria, le critiche della LIPU

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Sconcerto ma non meraviglia destano le posizioni aggressive di Confindustria foggiana, circa il Regolamento sulla realizzazione di impianti eolici introdotto di recente dalla Regione.

E’ nota ormai la pressione a tutto campo esercitata dalla lobby dell’eolico industriale che ha condizionato il tessuto sociale delle comunità, figurarsi l’ambito di Confindustria, che vede nascere appositamente una sezione “energia”, non a caso sotto la guida del principale azionista di una società eolica. Ma sono giustificate tali posizioni ?

Intanto và precisato che il carattere di “pubblica utilità, decantato da Confindustria e da tutte le società eoliche, è conferito a tali impianti SOLO se e quando autorizzati da una Autorizzazione Unica regionale ai sensi del D.Lgs 387/03. La pubblica utilità, infatti, è la base giustificativa di paventati espropri negoziati da procacciatori che si aggirano nelle campagne alla ricerca di contratti per opzionare i terreni degli agricoltori, ed è tirata puntualmente in ballo a sostegno della realizzazione di impianti eolici dovunque e comunque.

Quanto al “laccio” dei Piani Regolatori per gli Impianti Eolici (PRIE) che i comuni dovrebbero realizzare, in realtà le società eoliche non avranno poi molti problemi nel confezionare gli stessi, che le Amministrazioni comunali poi vestiranno con una copertina istituzionale e faranno propri, approvandoli. Il tutto nell’ambito di un iter ancora pressoché blindato alla società civile (unico elemento non condizionato dal fattore economico): il percorso è caratterizzato infatti da scarsa evidenza pubblica, tempi inadeguati a promuovere qualunque tipo di contributo conoscitivo, accessibilità ai documenti tutt’altro che garantita.

Non và taciuto come già con le precedenti Linee Guida , definite da Confindustria come norme di una ristrettezza “terrificante” (!), i contenuti vincolanti sono stati illegittimamente disattesi e sia stata determinata una autentica VERGOGNA nazionale che si sta materializzando sotto gli occhi di tutti, con l’assoggettamento, per il momento, di interi comprensori rurali per 10.000-40.000 Ha.

“Piantagioni” di torri eoliche industriali, cantieri, strade, opere connesse, elettrodotti, stazioni elettriche, su vasta scala… con il pregiudizio di intere macro aree sotto il profilo paesaggistico, naturalistico, storico, culturale, urbanistico. Sono state cosi scalzate politicamente e fisicamente intere zone per la realizzazione delle Aree Protette Regionali, si è determinato il degrado di popolazioni faunistiche di rilievo, non senza innescare gravi fenomeni di ingiustizia sociale, che proprio la Daunia Wind dovrebbe ben conoscere nella zona di Monte Calvello,  alterando gli equilibri democratici delle piccole comunità.

Tutto questo, da cui Confindustria si estrania, è avvenuto attraverso un processo valutativo indegno di questo nome con la possibilità di presentare progetti in cui è stato sufficiente banalizzare o negare sommariamente la presenza di valori ambientali per proseguire fino al parere favorevole.

Pareri determinati dalla incredibile e sconsolante discrezionalità riposta in capo ai dirigenti regionali che hanno ritenuto la stragrande maggioranza di tali impianti ESCLUSI dalla assoggettabilità a V.I.A., con quello che ne consegue anche sulla propaganda pubblica delle procedure di parere ambientale!

Centinaia e centinaia di mega impianti industriali, quindi, realizzati (o già con parere ambientale positivo), SENZA alcuna Valutazione di Impatto Ambientale !

Se Confindustria rappresenta tutte le società eoliche dovrebbe ringraziare !

Anche il parametro di occupazione che va dal 4 al 6%, che secondo Confindustria genererebbe allarmismi infondati, va letto in senso strettamente matematico, e non lascia scampo a false interpretazioni. Si consideri proprio l’agro comunale di Troia, la cui Amministrazione comunale ha determinato grande scalpore autorizzando (per quanto di propria competenza) circa 280 torri eoliche industriali. Applicando il parametro in questione nel limite del 4% l’inondazione di tali manufatti industriali avrebbe avuto un limite massimo potenziale consentito di “sole” 147 torri, o con il 6% addirittura di “sole” 221 torri (da 2MW, oltre 100 m di altezza e 71 m di diametro).

Per contro va evidenziato come l’unico aspetto positivo, insieme a quello (in linea di principio) introdotto con il PRIE, sia rappresentato dall’esclusione di alcuni importanti comprensori predefiniti. Aspetto tuttavia pericolosamente depotenziato per l’inconsistente fascia di rispetto definita per dette aree.

Si pensi all’identità di una zona archeologica o dei tratturi regi “tutelata” dal rispetto dei….. 100 m di distanza…. previsti a fronte dell’imponenza di un pilone eolico che supera i 100 m di altezza !

O si pensi alla tutela che si vorrebbe garantire a specie a rischio che frequentano un’area protetta e che hanno home range minimi di alcuni km come i rapaci veleggiatori: 200 m di rispetto, da cui è possibile assediarne il perimetro, rappresenta un margine inconsistente e inaccettabile che non trova alcun conforto tecnico – scientifico !

Mancano, inoltre, all’appello delle zone non idonee una serie di aree di notevole importanza come le Zone Umide, le fasce di Costa meno compromesse, i siti riproduttivi per le specie minacciate di estinzione, le Zone di Ripopolamento e Cattura, gli Ambiti C e D del PUTT Regionale e le IBA (Important Birds Areas). Queste ultime parificate dalla Unione Europea come ZPS, aprendo cosi la possibilità a pericolose nuove procedure di infrazione tristemente note nell’ultimo periodo.

Per finire, rispetto alla precedente normativa, scompaiono i limiti alla lunghezza degli elettrodotti, gli obblighi agli studi anemometrici sulla ventosità (rimpiazzabili con deduzioni da banche dati o da modelli previsionali da altri enti pubblici), e l’obbligo che imponeva lo studio preliminare delle migrazioni nell’area interessata (anch’esso puntualmente MAI realizzato disattendendo spregiudicatamente la legge).

La posizione di Confindustria è legata per sua stessa ammissione ad interessi di carattere meramente finanziario, opinabilmente definiti “investimenti”, e, come si vede, avulsa dalle conseguenze su di una realtà territoriale già duramente provata da questo fenomeno che ha mostrato tutta la sua virulenza.

La parola “investimenti” è riferibile ad un senso più elevato solo se si accompagna non solo al ricavo economico dell’investitore ma anche ad una crescita in termini occupazionali, sociali, e di sviluppo che non intacchi il capitale ambientale ma, anzi, magari lo accresce. Diversamente si riduce ad una mera operazione finanziaria, per di più pesantemente dannosa per il territorio, esattamente come è già accaduto.

E all’operazione di “investimento” per la realizzazione di 135 torri a cura della Daunia Wind, sbandierata da Confindustria, non può non fare eco il silenzioso ricavo esponenziale che ne deriverebbe per la stessa società dalla produzione elettrica incentivata: tra i 100 e i 120 mln di euro, oltre 200 mld di vecchie lire.   ALL’ANNO !

In Capitanata sono momentaneamente attivi impianti per circa 400 MW realizzati in sfregio alle più elementari regole di pianificazione e programmazione. Questi fruttano un affare tra 148 e 180 milioni di euro all’anno !

Il rientro economico di un “investimento” di questo genere è dell’ordine dei 2 anni o poco più. Sempre che…. anche per la realizzazione non si vada a mungere altre risorse economiche pubbliche (es. L.488).

Quali ricadute sul territorio, a parte le briciole concesse alle amministrazioni affamate? 

Ed è singolare come Confindustria, al pari dell’ANEV, si preoccupi di contrastare i progetti eolici off-shore pur di monopolizzare il territorio con impianti sulla terra ferma.

Gli impianti a mare, come i nuovi impianti a terra, tuttavia, fanno parte di una scommessa che si sta miseramente perdendo: rispetto alle nuove centrali non viene imposto il negoziato per assorbire almeno una parte della deprecabile eredità dell’eolico “selvaggio” di cui il “nuovo” avrebbe dovuto farsi carico, attraverso la delocalizzazione di impianti vecchi o problematici.

In definitiva è promossa una pericolosa evoluzione “genetica” dell’eolico, cosi come prospettato dai diktat di Confindustria che pretende mano libera sul territorio: l’eolico che fino al recente consuntivo si era meritato l’appello di “selvaggio” ora rischia seriamente di trasformarsi in eolico “senza ritegno” !

O forse c’è ancora un margine di recupero se la Regione non solo manterrà il Regolamento ma lo integrerà con i requisiti garantisti minimi evidenziati.

 Foggia, 11.07.2006                                            LIPU sezione prov.le Foggia

Comune di Foggia, sulle aree protette si impone la concertazione, sulle centrali eoliche industriali NO.

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ECCO  L’EOLICO  DELLA  TOTO. 

E’ del tutto informalmente e riservatamente che avrà luogo il prossimo 10 luglio un incontro tra i consiglieri di maggioranza e la società abruzzese Toto SpA, circa la realizzazione di una centrale eolica industriale nella zona di ponte Albanito a sud del capoluogo dauno.

E’ evidente la disparità di trattamento tra le diverse progettualità che insistono sul territorio: il Parco regionale del Bosco Incoronata ha visto una divulgazione e un coinvolgimento senza precedenti di realtà associative, con in prima fila le attività produttive fino magari al più remoto circolo scacchistico; la centrale eolica industriale della Toto, 11 aereogeneratori alti oltre 100 m. per un totale di 22 MW, merita invece la massima riservatezza. Come mai?

Allora tocca fare un po’ di “autoconcertazione” in assenza di quella istituzionale.

Il progetto gode già del parere ambientale favorevole espresso dal dirigente regionale del settore ecologia che, come la stragrande maggioranza degli impianti realizzati o autorizzati, lo ha ritenuto escluso dalle procedure di VIA.

E ciò malgrado le controdeduzioni trasmesse dalla LIPU di capitanata in ordine agli effetti su paesaggio, storia e biodiversità a cominciare dalla pregevole area dell’Ovile nazionale e dal Parco dell’Incoronata sul torrente Cervaro proprio nei pressi dell’impianto, oltre al nuovo regolamento regionale che assoggetterà entro 6 mesi la realizzazione di tali impianti solo nell’ambito di un PRIE (Piano Regolatore per gli Impianti Eolici) comunale.

Ma si sa, come è prevedibile da copione, il comune è a secco e le royalties fanno comodo.

Ma allora cosa c’entra la produzione da fonti rinnovabili? E’ solo una questione di soldi? Sembrerebbe proprio di si, se è vero come è vero, che anche la Toto è animata da un sano interesse economico finanziario: considerando prudenzialmente 2000 ore/annue di produttività equivalente generata dalle 11 torri eoliche (rispetto addirittura alle 2400 dichiarate dal progetto, su oltre 8000 ore/anno), gli introiti garantiti, dalla vendita di energia e dagli incentivi attuali per almeno 8 anni, sono stimabili in non meno di 8,14 mln di euro/anno, quasi 16 mld di vecchie lire!

Ma al comune di Foggia si sono preoccupati della differenza tra “energia eolica” ed “eolico selvaggio”?

Foggia, 6.7.2006                                                                LIPU – sezione prov.le Foggia

                                                                                          VAS – sez. di Foggia

STEPPE PEDEGARGANICHE: LIPU CRITICA L’ACCORDO TRA COMUNE DI MANFREDONIA E REGIONE PUGLIA PER RISOLVERE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE APERTA NEL 2004 DALL’UE

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“LE MISURE DI COMPENSAZIONE NON BASTERANNO A RISOLVERE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE SE NON VERRA’ FERMATA LA DISTRUZIONE DELL’HABITAT” 

“Le misure di compensazione non basteranno a risolvere la procedura d’infrazione se le istituzioni non fermeranno la distruzione dell’habitat tutelato dall’Unione Europea”. La LIPU-BirdLife Italia critica il protocollo d’intesa firmato oggi dalla Regione Puglia e dal Comune di Manfredonia che prevede la compensazione tra i 400 ettari di Zona di Protezione Speciale (ZPS) trasformata dalle attività produttive del Patto d’area di Manfredonia e un’area di 500 ettari a Sud del Lago Salso, con l’intento di risolvere la procedura d’infrazione aperta dalla Commissione Europea nel 2004 in seguito al ricorso LIPU del 2001 per la distruzione delle steppe pugliesi tra Foggia e Manfredonia.

La procedura d’infrazione, l’anno scorso, ha visto la condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia a causa delle continue violazioni alla Zona di protezione Speciale costituita dalle aree substeppiche più vaste della Puglia e dove vivono specie di uccelli rare quali la Gallina prataiola, l’Occhione, la Calandra, il Capovaccaio, l’Averla capirossa, la Monachella, il Calandro e la Calandrella. L’industrializzazione dell’area ha inoltre causato la distruzione di 400 ettari di specie vegetali importanti e imposto imponenti “spietramenti”, causa, appunto, della distruzione irreversibile dell’habitat steppico. Quasi un terzo dell’area infine, ossia 7mila su 30mila ettari di ZPS, è stato occupato da attività produttive, che hanno determinato la distruzione del 90% delle aree più pregiate dal punto di vista naturalistico.

<<Nel metodo, questo protocollo d’intesa – dichiara Claudio Celada, Direttore Area Conservazione LIPU – difetta della mancanza di dialogo tra società civile e istituzioni. Nei contenuti, ci auguriamo che venga seguito un metodo scientifico per la definizione delle misure di compensazione che, secondo noi, deve prevedere un monitoraggio delle specie di uccelli presenti ad oggi nell’area e la comprensione in profondità dei processi ecologici chiave che hanno effetti diretti su queste specie e sull’habitat. Ma non solo: si deve adottare, con tempi e modi ben definiti, dei provvedimenti in grado di riportare le popolazioni di queste specie nelle stesse condizioni che precedevano l’insediamento industriale>>.<<Inoltre – prosegue Celada – è necessario mettere a punto un sistema di valutazione per misurare il successo, ed eventualmente i potenziali effetti negativi, delle misure proposte, attraverso monitoraggi continui e seri>>.

Sul ruolo del Ministero dell’Ambiente, la LIPU auspica che venga giocato <<un ruolo di primo piano nella valutazione a monte del progetto, in modo da evitare che la Commissione europea arrivi a bocciare le misure adottate>>. <<Vigileremo affinché le misure proposte – conclude Celada – siano effettivamente quelle corrette dal punto di vista scientifico e rilevanti per le specie danneggiate, soprattutto considerato l’enorme rilevanza del sito in questione>>.

5 luglio 2006                                    Ufficio stampa     LIPU-BirdLife Italia

ogni giorno salviamo una parte di natura: la Tua